Gino Strada, un medico di guerra giovane, pieno di grinta e con un’immensa volontà di fare del bene

Ho conosciuto Gino Strada il 3 Marzo del 1993 a Djibuti in Somalia. Comandavo il Libeccio, una delle più belle (direi senz’altro la più bella) fra le Navi della Marina Militare (escluso il Vittorio Veneto naturalmente).

Gino era il responsabile di un ospedale della Cooperazione Internazionale del nostro Ministero degli Esteri. Dirigeva, anzi sarebbe più giusto dire ispirava, il personale italiano e somalo con il suo indiscusso carisma. L’ospedale italiano curava soprattutto bambini e le loro madri, ma era aperto a chiunque ne avesse bisogno. Ovvero migliaia di persone disperate.

Djibuti era la nostra ultima sosta al termine di una lunga campagna navale nel Golfo Persico che ci aveva portato sino al Kuwait, da poco liberato dall’invasione Irachena. Poi avremmo diretto, attraverso Bab el Mandeb nel Mar Rosso, il Canale di Suez e il Mediterraneo, per la base navale di La Spezia.

Avevo conosciuto Gino Strada e il suo team per caso, appena arrivati in porto. Visitarono la Nave e ci invitarono a vedere l’ospedale. Fu un’esperienza indimenticabile. Era una costruzione semplice, le camere erano pulite e il personale gentile e premuroso. Le madri stavano quiete vicino ai loro bambini, come ho visto altre volte in Africa, attente, silenziose. Per precauzione qualche mamma aveva messo nel lettino un amuleto tagliato nel legno per tenere lontani gli spiriti cattivi, perché la medicina va bene, ma non si sa mai. Gino Strada e la sua squadra avevano fatto un lavoro meraviglioso.

Ricordo il sentimento di ammirazione per il personale italiano che operava in una situazione così difficile. Facevano il loro dovere con semplicità, come fosse normale. Invece era un’impresa straordinaria di cui noi tutti eravamo orgogliosi. Anche per questo provavo gratitudine per questi italiani dell’Ospedale di Gino Strada. Sentivamo di dover partecipare, dare una mano. Non ci fu bisogno di assemblee sul ponte di volo. In molti si offrirono di donare il sangue, tutto l’Equipaggio fece una colletta e il nostro medico il Dott. Lazzeri mise insieme un’apprezzatissima cassa di medicinali. Fu un’esperienza fondamentale per me e penso per l’equipaggio tutto.

Poi Gino è diventato il Capo di Emergency continuando a salvare migliaia di vite umane diventando presto un’icona internazionale. Per me rimane la memoria di un incontro con un medico di guerra giovane, pieno di grinta e con un’immensa volontà di fare del bene.

Ammiraglio (a) Giuseppe De Giorgi

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