Marinaio o Aviatore

Marinaio o Aviatore. Una scelta difficile? In realtà è stata la più facile della mia vita: Aviatore di Marina! Il meglio dei due mondi. Sin da quando ho ricordi, ho sempre voluto fare l’ufficiale di Marina. Sono nato in Marina e le navi sono state parte integrante della mia vita. La vista dei solini blu dei marinai, delle fiancate grigie delle navi con i numeri identificativi rossi e le loro cime d’ormeggio, il suono delle chiamate diffuse agli equipaggi per reti ordini collettivi, il fischio dell’ammaina bandiera, mi sono familiari, da sempre. Crescendo ho scoperto la passione del volo e per gli aerei. Una passione che tuttavia si sommava alla passione per il Mare e per la Marina, ma non la sostituiva. Nel mio cuore sapevo di voler essere un marinaio, un comandante di navi. Sentivo di appartenere alla Marina, ma l’idea di rinunciare al volo mi faceva soffrire.  Presto scoprii le Portaerei e l’Aviazione di Marina. I due mondi non erano fra loro estranei quindi. Dopotutto, il primo pilota militare italiano era stato un Ufficiale di Marina: il Tenente di Vascello Mario Calderara – brevetto di pilota militare nr. 1.

Volare era quindi nel DNA della Marina, prima che in qualunque altra Forza Armata! Volare in Marina; questo il mio sogno.

Ecco la soluzione naturale, fatta apposta per me: Pilota di Marina. L’elite del volo militare. Entrai trepidante in Accademia Navale a Livorno il 4 ottobre del 1971, già con l’idea di fare il Pilota, se ce l’avessi fatta a completare indenne i quattro anni d’accademia, s’intende.

Tranne mio Padre (anche lui Ufficiale di Marina), quasi tutti mi consigliavano di scegliere specializzazioni appartenenti al “flusso principale”, rappresentato dai due gruppi sociali all’epoca più forti in Marina: gli ufficiali TLC (comunicazioni, comando e controllo, intelligence, etc.) e gli Artiglieri. Chi voleva fare carriera doveva scegliere fra questi due filoni professionali, così diceva almeno la vulgata. Del resto, la maggioranza degli Ammiragli di Squadra proveniva da quelle filiere. I sommergibilisti facevano storia a sé. Era una specie di società segreta che richiedeva una vocazione particolare. Ero stato su un sommergibile da ragazzino e non mi era piaciuto, di certo quella vocazione non l’avevo.

I Piloti erano considerati troppo specializzati, quasi dei tecnici di una sottocultura e la componente aerea della Marina era molto piccola, compressa dalla gelosia e dai veti dell’Aeronautica. Gli Ammiragli Piloti erano una rarità.

Più mi scoraggiavano e più sentivo di voler fare il Pilota di Marina. Fare carriera non era e non può essere un valore in sé, ma solo un mezzo per realizzare le proprie idee e progetti. Io così la pensavo e dopo 45 anni di Marina non ho cambiato opinione.

Non mi sono mai pentito di quella scelta, nemmeno nei momenti più difficili. Il corso di pilotaggio negli USA mi appassionò ulteriormente al volo militare: il volo in formazione e l’acrobazia erano esperienze esilaranti, ma mi piaceva molto anche il volo strumentale, il volo tattico. In breve mi piacevano tutti gli aspetti del volo. Insomma stavo realizzando un sogno.

Imparai a volare prima di saper manovrare una Nave.

Il Comandante di una Nave in manovra è il direttore di una orchestra. Scrive la musica ideando la manovra e poi la realizza tramite l’equipaggio. Non la esegue personalmente. Il Pilota è invece un solista che oltre a comporre esegue personalmente la propria musica, senza mediazione alcuna. Non può limitarsi a dire di fare una cosa, la deve saper fare personalmente. Ci mette la faccia sempre, senza lo schermo di errori altrui a far da scudo al proprio orgoglio. Non pensa a come fare eseguire all’aereo una certa manovra, la compie e basta.

La Nave è lenta e l’isteresi nei suoi movimenti è grandissima. Ciò complica non poco la sua condotta in porto e in acque ristrette, ma hai più tempo per pensare prima di decidere. Questo è un vantaggio in caso di dover correggere un errore di manovra, prima di superare il punto di non ritorno, quando non importa quali contromisure si prendano, e la manovra è compromessa. In questo caso il Comandante ha anche e direi purtroppo il tempo per “vivere” quel momento di sospensione temporale che separa dall’imminente “sinistro marittimo”, piccolo o grande che sia e dalla sua cocente umiliazione davanti all’equipaggio. Quanti danni aggiuntivi sono stati causati da Comandanti che, nella speranza di evitare l’inevitabile, lanciavano ordini disperati, contraddittori alla nave ormai imbizzarrita, divenuta ostile e caparbiamente insensibile ai comandi.

Per contro, il mezzo aereo è reattivo e veloce. Con l’esperienza diventa un tutt’uno con il pilota, una parte del suo corpo. Con il tempo ti convince che farà tutto quello che vuoi e tu ne sarai sempre più fiero e gli vorrai bene come ne vorresti al tuo cavallo. Pensi che se dovessi sbagliare, ti perdonerà perché è un bravo aereo. Invece, lui non ha sentimenti. Per quanto tu sia bravo e gentile con lui non ti si affeziona, anzi è pronto a morderti con cattiveria e magari a ucciderti alla minima distrazione o superficialità. La Nave ha un’anima: è il suo equipaggio. Non si spegne mai, giorno e notte vibra. E’ abitata, viva. L’aereo no, è solo una macchina, spesso bellissima, ma quando scendi si spegne come un’automobile o una moto qualunque.

La sensazione che si prova dopo un appontaggio notturno ben riuscito con mare mosso e poca visibilità, eseguito con eleganza e sicurezza, è meravigliosa, ma è solo uno degli appontaggi delle migliaia che farai. Se sei fortunato qualcuno ti darà una pacca sulle spalle prima lanciarti in branda esausto. Ma quando fai una bella manovra come Comandante di una Nave è un’altra storia, perché il successo è di tutti, anche se tu ne sei stato indubbiamente il principale artefice. Lo leggi negli occhi del personale quando scendi dalla Plancia, dopo aver dato il “prora e poppa regolarsi per l’ormeggio” e il fatidico “macchine libere” che autorizza a spegnere i motori.

Sai che l’Equipaggio ci tiene all’immagine della Nave, parlerà della manovra a mensa e nei quadrati, confrontandola con quelle delle altre navi e appena ne avrà l’occasione la ricorderà con te.

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

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