San Diego 1977, un pomeriggio di un giorno di sole.

Bene, vento calmo, autorizzati al sottovento, landing check-list, miscela su “ricca” (mixture rich), passo delle eliche, tutto avanti (prop full increase), manette regolate, trim, giù il carrello (gear down), flaps ½, carrello tre luci verdi….anzi no! Solo due luci verdi. Il carrello di dritta non è bloccato giù, guardo e non c’è. Il resto degli strumenti è ok. Pendelton Tower, Navy 828, waving off, riattacchiamo, manette avanti, i due motori da 1450 cv l’uno dell’S2A tirano forte, su i flap, informiamo la Torre di controllo di Camp Pendelton (Base US Marines in California), riproviamo a tirare su il carrello e riabbassarlo, niente da fare sempre e solo due carrelli (quello del naso e di sinistra) giù e bloccati. Del carrello di dritta nessuna traccia. Dichiariamo emergenza, 3 persone a bordo, 4 ore di autonomia, intenzioni: dirigere su base della Marina San Diego. Passiamo sulla frequenza del controllo d’avvicinamento (approach control), ci assegnano un “box” da 4000’ a 6000’ per darci il modo di cercare di abbassare il carrello a mano e di tentare altri rimedi possibili. Per il momento l’allieva Pilota che dovevamo raccogliere alla base dei Marines, dove era stata a visitare il marito durante il week end poteva aspettare.

Quando un carrello non scende non è una bella cosa, ma ci sono emergenze peggiori, il fuoco a bordo è peggio. L’aereo volava bene, le radio funzionavano, avevamo ancora 4 ore di autonomia, il meteo era assicurato, non c’era una nuvola. Eravamo nella fase in cui si pensa: adesso applichiamo il NATOPS (manuale di pilotaggio) e tutto si risolverà, il carrello uscirà sicuramente, tutto a posto. Facciamo delle picchiate seguite da richiamate energiche per agevolare l’uscita del carrello di dritta dalla sua sede, nella gondola laterale dritta, niente. Passiamo alla pompa idraulica a mano, ci alterniamo io e il mio flight partner Rick Hudson, niente.

Il Capo Equipaggio, il Sottotenente di Vascello K.C. Harris decideva che avremmo compiuto un “intentional gear up landing” (atterraggio con carrello rientrato, sulla pancia) su una pista attrezzata in una base della Marina. San Diego era perfetta.

Il controllo d’avvicinamento (approach control) ci assegnò un circuito d’attesa su radiale 150° NAS Oceana Tacan 30 mn, 4000’ di altitudine, per consentirci di consumare il carburante in eccesso (l’S2A non aveva la possibilità di scaricare carburante in volo) e, al personale della base in cui avremmo effettuato l’atterraggio sulla pancia, di cospargere la pista di schiuma antincendio.

Dallo spazio aereo che ci avevano assegnato, potevo vedere una portaerei che usciva in mare, maestosa. L’Oceano Pacifico era azzurro e calmo. Squadriglie di F14, A7 ed S3 volavano verso di lei.

Uno spettacolo.

Poi, dalla Naval Air Station Oceana ci chiesero la religione di riferimento dei membri dell’equipaggio (per eventuali sacramenti pre/post mortem), oltre ai nostri gruppi sanguigni. Pensai: ammazza ‘sti americani come sono organizzati. In tre avevamo, ovviamente, tre fedi diverse, un cattolico, un protestante e un battista. Sarebbero serviti tre cappellani.

Io ero seduto nel cockpit a destra, il Capo Equipaggio a sinistra, dietro, nello spazio per gli operatori e il personale trasportato, c’era Rick. Ripassammo le procedure d’emergenza. Ci tirammo giù le maniche delle tute in nomex, alzammo il bavero del colletto della tuta, stringemmo le cinghie del casco. Per la prima volta pensai che avremmo potuto prendere fuoco o capottarci in pista. Naaah, non a noi, non oggi pensai, ma a questo punto le portaerei e gli F14 intorno non mi interessavano più tanto…

 

Segue

 

 

 

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

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