F-35: il caccia delle polemiche a servizio della nostra sicurezza nazionale.

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I primi test per l’F-35B STOVL della Marina si sono conclusi. Il primo Lockheed Martin F-35B Lightning II, modello a decollo corto ed atterraggio verticale, assemblato in Italia lo scorso 5 Maggio ed andato in volo il 24 ottobre scorso in modalità convenzionale ha compiuto, infatti, a Cameri, in provincia di Novara, i primi test di rullaggio, decollo ed atterraggio in modalità STOVL lo scorso 30 ottobre. Il jet, stranamente privo di qualsiasi insegna della Marina con la sola coccarda tricolore a bassa visibilità ed il proprio numero di matricola BL-1 (dove B indica il modello a decollo corto ed atterraggio verticale, L per Italia ed il progressivo 1 per il primo esemplare del lotto), ha volato accompagnato da un Eurofighter F-2000A del 36° Stormo come chase plane. Con l’atterraggio di entrambi i velivoli, dopo circa 1 ora e 40 minuti si è conclusa quindi un’importante giornata per il programma “Joint Strike Fighter”. Un programma comunque impegnativo per i costi e le sfide operative che ora l’attendono. Il Ministero della Difesa ha puntato moltissimo su questo progetto: gli ordini attualmente confermarti prevedono 75 aerei destinati all’Aeronautica Militare e 15 F35B STOVL alla Marina Militare, per riequipaggiare l’unico reparto ad ala fissa della propria Aviazione Navale. L’Aeronautica che aveva dichiarato che gli F35 avrebbero sostituito i Tornado e gli AMX ha tuttavia da tempo avviato un impegnativo programma di estensione vita ai suoi Tornado che affiancheranno così gli F35 ancora per almeno un decennio. Anche per gli AMX sono state impegnate risorse significative integrando nuovi sensori molto avanzati. Una scelta poco coerente con un’eventuale imminente radiazione di questo aereo. E’ verosimile quindi che l’F35 affiancherà, oltre all’EFA, anche la linea dei Tornado e per qualche tempo quella degli AMX. Continua così la tradizione della nostra Aeronautica di avere tante linee di volo diverse. Un problema che si era manifestato nella sua gravità negli anni ’30 e continuato per tutta la seconda guerra mondiale.

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L’F-35B (codice di coda “BL-01”) è inoltre il primo caccia di nuova generazione ad essere stato assemblato fuori dagli Stati Uniti. La Final Assembly and Check Out (FACO), ossia il centro d’assemblaggio finale di Cameri, è stata creata ad hoc grazie ad una partnership tra Roma e Washington per permettere l’assemblaggio e la costruzione delle ali dei questo jet destinati all’Italia. Oltre 300mila pezzi – tra parti e componenti – arrivano qui da 1.500 fornitori in tutto il mondo. Quella di Cameri (gestita da Leonardo, partner italiano nel progetto dell’ultimo caccia di Lockheed Martin) è, inoltre, l’unica FACO esistente al di fuori degli Stati Uniti. La speranza è di produrre anche pezzi per altri acquirenti e non solo quelli ordinati dall’Italia. Qui il problema deriva dal vincolo del cosiddetto “best buy” che impedisce di riconoscere alle industrie dei paesi partner una quota di lavoro prestabilita a livello MOU. Il Governo italiano si è fatto sinora carico delle spese relative alla FACO per consentire all’Industria nazionale di partecipare in qualche modo al programma JSF. Il vero scopo della FACO è stato essenzialmente politico, mirato a contenere le critiche mosse a livello parlamentare, di “sottomissione” agli interessi USA senza ritorni almeno economici per l’Italia.

Ad alzare più di un dubbio sulle spese legate agli F-35 anche La Corte dei Conti ad Agosto aveva lanciato l’allarme: “Il programma F-35 è oggi in ritardo di almeno 5 anni per le molteplici problematiche tecniche che hanno fatto anche sì che i costi del caccia siano praticamente raddoppiati [nel 2001 il costo medio di acquisizione era di 69 milioni di dollari, oggi è di 130,6] anche le prospettive occupazionali per l’Italia non si sono ancora concretizzate nella misura sperata”. Non fa sconti così neanche la Corte dei Conti nella relazione speciale sulla partecipazione italiana al programma Joint Strike Fighter F-35 Lightning II. Nel dossier della magistratura contabile, infatti, si legge: “Nella valutazione complessiva del programma si deve tenere conto, proprio in termini squisitamente economici, della circostanza che l’esposizione fin qui realizzata in termini di risorse finanziarie (3,5 miliardi fino a fine 2016 e più di 600 milioni ulteriori previsti nel 2017), strumentali e umane è fondamentalmente legata alla continuazione del progetto”. E quindi, a fronte dei patti presi e degli impegni, in termini di risorse finanziarie, strumentali ed umane, messi in atto già da anni, uscire da questo circolo vizioso per la magistratura sarebbe ormai impossibile, con il rischio di produrre perdite economiche ancora maggiori dei problemi che fino ad ora si sono presentati. Continua così il dossier: “La costruzione di un sistema d’arma aeronautico di ultima generazione è certamente una sfida impegnativa in termini di costi e di tempo. Il velivolo si vuole dotato delle più avanzate tecnologie, tanto estreme quanto immature”, afferma la Corte dei Conti ponendo l’accento sulle “molteplici problematiche tecniche” che si sono verificate negli anni.

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L’aereo è, infatti, ancora afflitto da troppi problemi tecnici: prova ne è che la Marina Americana manterrà in servizio, continuando ad acquistarne, gli E/F-18 Super Hornet. Sarà un caso ma proprio pochi giorni fa un F-35 americano ha perso un elemento della sua fusoliera di 30-60 centimetri durante delle manovre di addestramento ad est di Okinawa in Giappone. Ma i problemi legati al caccia più costoso della storia non si fermano qui: ad Ottobre ad esempio alcuni rappresentanti dell’aviazione americana avevano riferito che molti piloti degli F-35 avevano accusato sintomi di ipossia (carenza di ossigeno) tanto per citarne i più recenti. Ulteriori problemi accertati si presentano nella condivisione dei dati raccolti dai caccia in configurazione di quattro velivoli: a causa di errori software l’F-35 ha alcune difficoltà nell’individuare il reale numero degli obiettivi nemici sul radar con i dati trasmessi ai piloti che, a volte, non sono quelli reali. Per questo inizialmente, finchè il problema non verrà risolto, si dovrà scegliere una configurazione di volo di coppia in grado di assicurare maggiore affidabilità e bassi livelli di falsi allarmi.

I nuovi cacciabombardieri sono caratterizzati dalla centralità del software del sistema di missione che deve gestire una miriade di dati di ogni genere e che sinora è stato forse il suo principale tallone d’Achille, anche se sembrano superati i temuti “congelamenti” del sistema operativo. Chiunque ha provato la frustrazione del proprio PC che ci costringe al suo riavvio, proprio sul più bello, può facilmente immaginare i sentimenti del povero pilota di F35 che dall’essere in sella a un aereo digitale si ritrovi prigioniero in balia di un robot volante in preda a una paresi cerebrale….

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Intendiamoci, il problema del software è destinato a scomparire, così come altri difetti iniziali: stare lontani dai temporali per evitare di esplodere in mille pezzi, non eiettarsi per non venire decapitati dal casco troppo pesante, non ingaggiare in combattimenti manovrati aerei come quelli della generazione degli F16, stare lontani dai radar con frequenza diversa da quelle contro cui è stata definita la geometria dell’l’F35 per risultare invisibile, etc..

Con il tempo e con adeguate risorse è probabile che l’F35 possa diventare un ottimo aereo. Si tratterà successivamente di retrofittare gli aerei dei primi lotti e tutta linea sarà operativa. I costi del riallineamento sembrano però piuttosto alti visto che il Dipartimento della Difesa avrebbe deciso di non intervenire sui primi 200 F35 consegnati alle FF.AA. USA, valutando più conveniente di comprarne di nuovi. Per onestà intellettuale occorre dire che anche altri programmi aeronautici hanno avuto questo problema. Il dilemma se aggiornare i primi lotti degli EFA allo standard finale è rimasto in sordina per anni per evitare imbarazzi.

Speriamo quindi di disporre dei fondi necessari ad allineare tutti i nostri F35 A alla versione finale, quella combat ready; se così non fosse, sommati agli EFA non aggiornati, avremmo un fardello piuttosto ingombrante da gestire, considerati i numeri modesti in termini di aerei complessivamente in possesso dell’Italia.

f35carrier Ad oggi, l’F-35 resta un caccia tattico in divenire e che raggiungerà il suo sviluppo completo entro il 2030.

Ad oggi, l’F-35 resta un caccia tattico in divenire e che raggiungerà il suo sviluppo completo entro il 2030.

Purtroppo le aspettative legate a questo supercaccia sembrano non corrispondere alla realtà auspicata all’avvio del programma, tanto è vero che gli Stati Uniti, spiega ancora la Corte dei conti, hanno ridotto di quasi il 50 per cento il numero di velivoli ordinati nelle fasi iniziali. Nonostante questo i 55 anni di vita del caccia F-35 previsti costeranno agli Stati Uniti circa 1500 miliardi di dollari. Ad ogni modo, il dado ormai è tratto: troppi i soldi investiti dagli Stati Uniti per cancellare il programma e, probabilmente, questa è una lezione che si dovrà tenere a mente per gli aerei di prossima generazione o con gli altri programmi già appaltati dalla Difesa USA.

Quando il programma JSF fu lanciato era la seconda metà degli anni ’90. Era un simbolo della cosiddetta jointness (interforze). Come prima aveva voluto fare McNamara con l’F111 si voleva imporre lo stesso aereo per tutte le Forze Armate USA. Nonostante lo scarso entusiasmo della Marina che ricordava il fallimento dell’F 111 come aereo imbarcato, il programma partì comunque. Il tempo dirà se il suo destino sarà diverso da quello dell’F111, di certo è diventato il programma in assoluto più costoso della Difesa USA. La teoria che l’approccio interforze con i grandi numeri ad esso connesso avrebbe tenuto i costi bassi anzi bassissimi, mostrò tutti i già sperimentati limiti di analoghe chimere precedenti. Ben presto si vide che gli aerei avrebbero dovuto essere molto diversi per soddisfare i requisiti operativi specifici di ciascuna Forza Armata. Furono così sviluppate tre versioni: la “A” per l’Aeronautica era quella cosiddetta baseline, più vicina all’idea originale, la “C” per la Marina, con la superficie alare significativamente ingrandita, anche per disporre di un’autonomia maggiore e infine la “B” , versione STOVL, per i Marines che si caratterizza per la grande ventola posta dietro al Pilota e l’ugello di scarico in coda in grado di ruotare di 90 gradi. I costi si impennarono rapidamente passando dai 55 milioni di dollari ipotizzati nei primi anni di sviluppo agli oltre 250 M$ del primo lotto, per poi scendere a circa 130 milioni di dollari degli ultimi lotti, a seconda delle versioni (senza tenere conto dei costi di sviluppo).

La Marina Italiana comunicò il proprio interesse per il nuovo aereo nel ’95 . All’epoca si chiamava FAA (Future Attack Aircraft) poi divenne FCA (Future Combat Aircraft) e infine JSF (Joint Strike Fighter) con la J aggiunta in omaggio al dogma dell’interforze.

Per l’Aeronautica, l’Italia aveva investito più di 16.000 Miliardi di Lire per sviluppare l’Eurofighter, destinato a sostituire i Tornado, gli AMX, etc.. Il ragionamento era: certo l’EFA costava un sproposito, ma avremmo avuto una componente aerotattica concentrata su una sola linea di volo di adeguata massa critica, con tutti i vantaggi in termini di logistica, addestramento, ground support equipment etc., connessi con una scelta di questo tipo. Come già per il Tornado MRCA (Multirole Combat Aircraft – che avrebbe dovuto sostituire tutti diversi tipi di aereo da combattimento dell’AMI…essendo appunto multiruolo). In aggiunta comprare americano sarebbe stato in contraddizione con la narrazione europeista. La Luftwaffe si muoveva sulla stessa falsariga, così come l’Ejercito de l’Aire spagnolo. Del resto non avrebbe avuto senso distrarre grandi quantità di fondi per l’F35 a scapito dell’EFA che doveva ancora entrare in servizio, rischiando di non disporre di un’adeguata massa critica omogenea scapito della flessibilità operativa e della sostenibilità logistica nel tempo. Un approccio di tal genere non avrebbe fatto una piega.

Per la Marina la situazione era diversa. L’F35 B sarebbe stata l’unica alternativa agli AV8B II. Avremmo preferito acquisirli tramite Foreign Military Sales dagli USA, a tempo debito, una volta risolte le imperfezioni e i problemi tipici dei primi lotti.

La Marina era infatti del parere che non fosse opportuno partecipare alle spese di sviluppo dell’F35. Le nostre industrie non avrebbero comunque potuto valorizzare l’eventuale trasferimento di tecnologia, non avendo più centri di ricerca avanzata, essendosi da anni orientate a “battere lamiera” (ad eccezione dell’Agusta), ovvero costruire ali e parti di fusoliera nei programmi di collaborazione internazionale. Gli USA non avrebbero comunque concesso, per tutela del segreto, l’accesso alle tecnologie più pregiate. Noi non avremmo avuto la forza di far modificare l’aereo per soddisfare specifiche esigenze operative italiane, dunque tanto valeva comprare l’aereo a sviluppo concluso. Avremmo speso complessivamente molto di meno con un risultato del tutto analogo sotto il profilo dell’operatività dell’aereo. Politicamente tale soluzione non risultò percorribile.

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Stranamente l’AMI  F35 voleva anche lei gli F35B STOVL oltre alla versione standard dell’USAF: sarebbero serviti per operare da piccoli aeroporti di fortuna, così dichiarava il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica pro-tempore, anche se l’F35 è così sofisticato da non poter operare se non da basi aeree ben attrezzate o da Navi Portaerei. Sotto il profilo operativo, per l’Aeronautica non ha nessun senso acquisire l’F35 STOVL, pagando di più (la versione STOVL è più cara) per avere di meno (meno aerei e meno prestazioni). Si tratta in realtà della mossa del cavallo per assorbire la componente aerea della Marina, esattamente come ha fatto la RAF nei confronti della FLEET AIR ARM Uk. Il prossimo passo sarà la costituzione di un gruppo di volo interforze AMI/MMI in una base dell’AMI e il gioco è fatto.

Sotto il profilo delle politiche industriali, la scelta di dirottare dall’EFA all’F35 le risorse dell’Aeronautica ha indebolito grandemente Leonardo. Il programma F35 è risultato talmente costoso da drenare la gran parte del bilancio ordinario della Difesa, lasciando priva d’ossigeno la nostra principale holding dell’Industria ad alta tecnologia legata alla Difesa. Senza risorse disponibili sul bilancio ordinario delle Forze Armate, è stato impossibile sviluppare nuovi sistemi d’arma di concezione e di produzione italiana. Senza nuovi investimenti e soprattutto senza nuovi progetti, molti dei settori di eccellenza sono entrati in crisi, Alenia, Agusta, WASS (armi subacquee), MBDA Italia, i veicoli corazzati, etc.

I progetti nazionali da finanziare con il bilancio ordinario si sono progressivamente anemizzati, tanto che per ottenere nuove navi e relativi sistemi d’arma e di missione imbarcati, la Marina ha dovuto promuovere un finanziamento ad hoc, extra bilancio della Difesa.

La speranza è che l’F35 sia più longevo dell’F117, primo cacciabombardiere Stealth, già uscito di scena dopo aver perso l’invisibilità grazie ai radar russi di nuova generazione. E’ comunque inquietante constatare come sia l’Aeronautica che la Marina degli Stati Uniti abbiano modificato la loro programmazione prevedendo di continuare ad acquistare e mantenere in vita gli E/F 18 Super Hornet, nelle loro varie versioni fra cui il nuovissimo E/F 18 Growler erede degli EA6B specializzati in  Guerra Elettronica e nella soppressione delle difese antiaeree, e gli F15/F16. Con un programma così costoso come l’F35 sarebbe stato logico puntare sull’F35 per sostituire gli EA6B Groweler. Evidentemente la Marina USA non è ancora convinta che l’F35 mantenga le sue promesse.

I progettisti volevano fare dell’F-35 il più letale degli aerei da caccia di tutti i tempi; ma il predatore rischia di trasformarsi in preda. Speriamo di no.

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

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